Cibo e arte. Una conversazione con Massimo Bottura Stampa

Nicola Perullo (a cura di)

Abstract

La cucina contemporanea d’avanguardia da almeno due decenni tende a proporsi come pratica artistica. È tempo di cominciare a istituire un campo d’interesse estetologico che tratteggi concretamente questa possibilità, proprio partendo da un dialogo con i protagonisti di questa svolta: Massimo Bottura, oggi uno dei più importanti cuochi del mondo, è il protagonista di questo approfondimento perché è uno dei cuochi che rivendica con più convinzione tale fatto. Questa conversazione ha riguardato i temi della riproducibilità dell’oggetto artistico e quello dell’avanguardia, il rapporto tra ideazione ed esecuzione e quello tra esperienza diretta e background culturale: questioni pienamente estetiche viste nell’ottica della pratica culinaria.

 

Massimo Bottura (Modena 1962) nel 1986 rileva una piccola trattoria a Campazzo, vicino a Nonantola (Mo), e inizia la professione di cuoco con la cucina emiliana tradizionale. In pochi anni, acquisisce notorietà e approfondisce con Georges Cogny prima e Alain Ducasse poi la grande cucina francese. Dopo un periodo trascorso a New York nel 1995 rileva a Modena una trattoria tradizionale, l’«Osteria Francescana», cominciando un percorso di creatività che ha portato il suo locale a essere giudicato, nel 2011, il IV miglior ristorante del mondo dalla classifica di «World’s 50 Best Restaurant».


Nicola Perullo (Livorno 1970) è professore associato di estetica presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Tra i suoi lavori: Bestie e bestioni. Vico e il problema dell’animale (2002), Per un’estetica del cibo (2006), L’altro gusto. Saggi di estetica gastronomica (2008), Filosofia della gastronomia laica. Il gusto come esperienza (2010) e La scena del senso. A partire da Wittgenstein e Derrida (2011).