David Foster Wallace e Martin Heidegger. A Heideggerian perspective of Infinite Jest Print
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Chiara Scarlato

Abstract

Scopo del presente articolo è mostrare in che senso, alla luce del riferimento di David Foster Wallace a Martin Heidegger e alla questione della tecnica, sia possibile rileggere il romanzo Infinite Jest come trasposizione letteraria di categorie filosofiche di ambito fenomenologico. In Wallace la tecnica diventa intrattenimento. Entrambi gli elementi concorrono a definire, secondo linguaggi differenti, uno spazio tecnologicamente costituito. La Heideggerian Perspective viene citata da anonimi interlocutori durante un party, i quali suggeriscono che soltanto attraverso questa lente è possibile oggi racchiudere e inquadrare il mondo. Un mondo custodito all’interno delle pagine di un romanzo e nelle immagini di un filmato dallo stesso titolo (Infinite Jest), la cui struttura impedisce ogni cognizione completa poiché i rispettivi plot impongono una reiterazione infinita del messaggio fino alla perdita del senso. Un jest come “gesto” di sospensione della comprensione, che si può esprimere utilizzando l’unico antidoto all’intrattenimento: l’ironia.

 

Chiara Scarlato si è laureata in Estetica presso l’università «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara con una tesi su David Foster Wallace e Martin Heidegger. È direttore di produzione del Festival «Strade Musicali» di Chieti, giunto alla sua nona edizione.